Un uomo povero ma onesto, convinto che le diseguaglianze sociali derivino dalla cecità del dio Pluto, decide di aiutarlo a recuperare la vista per distinguere tra brave persone e disonesti e premiare solo i primi. Tuttavia la personificazione della Povertà stessa non pare convinta che ciò sia un bene: la necessità, infatti, spinge gli uomini a lavorare ed impegnarsi, mentre da ricchi essi diventano molli e fannulloni. Il dio Pluto riacquista la vista e offre i suoi benefici a tutti, ma le cose non vanno come auspicato. Rappresentata nel 408 a.C. "Pluto" è l'ultima delle commedie superstiti di Aristofane, che in essa effonde un vigore di fantasia particolarmente libero e intenso.
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