Gli scritti di Miguel de Unamuno, che Piero Pillepich ha raccolto in questo volume, scegliendoli e traducendoli dalla ricca produzione di saggi del grande scrittore spagnolo, niente hanno della frammentarietà consueta in tal genere di letteratura, ma sono come le faccette varie di un unico prisma ideale, i raggi vari di un unico centro geometrico, le applicazioni sempre varie onde uno spirito instancabilmente curioso e attivo prova su una materia sempre diversa la validità del suo punto di vista sulla vita. Dare una nella e chiara idea di questo punto di vista, e cioè della filosofia di Unamuno, o, se la parola filosofia par troppo tecnica e professionale, della intuizione del mondo e della vita di Unamuno sarà perciò l'introduzione più utile alla lettura e alla comprensione dei saggi che seguono. Della filosofia di Unamuno tentai nelle Voci del tempo una esposizione e valutazione globale, poggiando come su testo principale sulla Vita di don Chisciotte e Sancio. Poggerò questa volta sull'altra opera capitale dello scrittore spagnolo, Il sentimento tragico della vita e sui Saggi. E che una medesima filosofia si, possa percorrere partendo da punti di vista vari e pervenendo sempre ai medesimi risultati è prova, mi sembra, della ricchezza interiore e, insieme, della coerenza ideale di quella filosofia e dettammo che in essa ha reso la sua confessione. La filosofia di Unamuno ha radice nell'esperienza sino in fondo vissuta della radicale antinomia di ragione e vita, che da Kant in poi e uno dei motivi capitali della speculazione moderna. La ragione ordina le percezioni sensibili e ne cava un mondo di oggetti e di leggi. Ma quando porta l'analisi sulla realtà delle percezioni stesse, le dissolve, e ci conduce in un mondo di vane parvenze e di ombre inconsistenti. Fuori del suo dominio formale, la ragione uccide e annienta, è per essenza nemica della vita. La ragjone aspira all’identità, e la vita non è mai uguale a sè stessa; la ragione aspira alla permanenza, e la vita è continuo ininterrotto fluire; la ragione aspira all'universale, e la vita è individuale per eccellenza: Ia ragione aspira a spiegare l’universo, a dissolvere l'individuo nella trama della relatività universale, e la più profonda aspirazione della vita è che io che vivo, quest'io così e così limitato nello spazio e nel tempo, viva eterno, passi sull’abisso della tomba e questo non m'ingoi. Ora, non solo la ragione, non fornisce valida prova dell'immortalità dell'anima, ma, se prove fornisce, è per la sua mortalità. L'immortalità individuale non è nè razionale nè irrazionale, è contro-razionale. Dissolvendo il concetto di personalità, riducendo questa a un aggregato travolto in un flusso perpetuo, la ragione dice di no all’immortalità personale. Per lei, questa non è nemmeno un problema, nel senso razionale e logico della parola. A spiegare il mondo e l’esistenza — e tale è il compito della ragione — punto non v'è bisogno di supporre che la nostra vita sia mortale o immortale. È dunque, irrazionale porre soltanto il problema.
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