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Poichè quella sciagura delle braccia doveva aver anche richiamato sulla singolare coppia una nuova luna di miele, anzi addirittura un plenilunio di miele.
Un ebreo polacco commerciante di oggetti di gomma e schiave bianche, il quale s'era trovato a fare il viaggio da Cape-Town a Buenos Aires sullo stesso vapore, mi raccontava che era stato commosso fino alle lacrime da questo idillio di nuovo genere, durato ventiquattro giorni ininterrotti. Fosse la compassione materna per quel povero diavolo che aveva ormai bisogno di essere vestito e imboccato come un bambino d'un anno, fosse l'aspetto nuovo e quasi favoloso che davano a suo marito quelle duecento sterline cucite intorno alla pancia in una ventriera di tela da barche; certo è che Bullet non aveva distolto un solo istante gli occhi amorosi dal suo Otello. Otello, così si chiamava lui, stava tutto il giorno sul castello di prua, comodamente disteso sopra una seggiola pieghevole che Bullet aveva voluto comprargli con i suoi segreti risparmi di pettinatrice: mangiava, beveva, fumava la pipa, costruiva il suo avvenire guardando fisso nel mezzo delle nuvole, passava beatamente dal monologo al sonno, sicuro che la sua Bullet non lasciava il suo posto di guardia seduta sopra una gomena, davanti alla sua preziosa pancia cinta della loro fortuna.
Per imboccarlo, Bullet veniva a sedersi ridendo sulle sue ginocchia, soffiava sulla minestra, l'assaggiava prima di dargliela, come una buona mamma, gli mondava le banane, gli vuotava in corpo numerosi bicchieri di vino. Finito di mangiare parlavano e ridevano un buon poco, rimanendo così, lei seduta sulle ginocchia di lui; parlavano del loro avvenire che egli costruiva anno su anno, con un progressivo sfoggio di fantasia milionaria, che dava le vertigini alla ridente pallottola di ciccia.
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