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Letture sopra la mitologia vedica, Firenze, Succ. Le Monnier, 1874. Avevate voi mai pensato a quante poetiche fantasie possa dar vita un fenomeno così frequente come una buona e ristoratrice scossa di pioggia? Eccovene qua per intanto una di coteste fantasie, quella che fu la prima forse a nascere negli umani cervelli: la coppia gentile della Prithivî celeste e della terrena: «la Prithivî celeste, ossia la vasta, la distendentesi, la nuvola; e la Prithivî terrestre, ossia la terra, la quale non fa altro se non ricevere i beneficii del cielo, per diventare alla sua volta la benefattrice degli uomini.» Ma non s'esaurisce già con questo parto, nè con mill'altri, la fecondissima fantasia vedica. Udite un poco: «Agni, il figlio delle onde, il quale appare nel cielo come un uccello rosso dalle belle piume, che s'accende senza combustibile, è il Sole mattutino... ei si rallegra con le onde, come un uomo insieme con belle giovani. Le giovani, canta l'inno, s'inchinano al giovane, quando, desideroso, esso si accosta alle desiderose.» Però Agni ha fra le belle la sua prediletta. «Il Sole vespertino, suo padre, aveva perduto al giuoco il proprio cavallo; era, nel giuoco de' raggi, rimasto perdente; egli Agni, il fortunato, la mercè della ninfa Sarasvatî, la mobile, la luminosa, la danzante Aurora, la fornita di ricchezze, che diffonde luce e dovizia nel mondo, egli ricupera quello che il padre aveva perduto.» Si può mai, dite, concepire dramma umano più concettoso, per raffigurare il quotidiano miracolo che ci rinnovella colla luce la letizia e la vita?
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