DAL LIBRO: Quando si aperse l’uscio sollevò gli occhi e fu meravigliato di veder entrare Orlandi.
Con Orlandi si diffuse per lo studiolo un tale sprazzo di gioventù e di allegria che l'esattore aggrottò le sopracciglia, e si fece ancor piú cupo; alla qual cosa il giovine non diede importanza, ma, tendendo cordialmente le mani, salutò l'esattore con molta disinvoltura.
— A che posso attribuire?... — disse subito il signor Caccia, sollevandosi per metà dalla poltrona con quel tanto di cortesia indispensabile, ma volendo mostrare che la visita era inopportuna.
— Le porto anzitutto i saluti di suo figlio.
— Mio figlio!... Avrebbe ben meglio a fare che mandarmi dei saluti. Tuttavia s’accomodi. Spero non avrà altri incarichi da parte di mio figlio?...
Invece di sedersi il giovane fece atto di partire.
— Scusi, vedo che la incomodo. Se vorrà ricevermi un altro momento, la prego di farmi conoscere l’ora in cui posso trovarla libera.
Il signor Caccia balbettò una scusa; capì di essersi spinto troppo oltre, e volle dare una giustificazione al suo malumore:
— No, prego, s'accomodi. Deve compatire se risposi un po’ irritato all’udire il nome di mio figlio.
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