Serena. È impaziente, dottore?
Pantini. Ma... io non ho l'abitudine di farmi aspettare!
Serena. Il torto è suo.
Pantini. Torto! Ho voluto procurarmi il piacere di uscire dalla casa di un mio cliente assieme col malato guarito. Non accade spesso, dice quel birbone di avvocato.
Dara (interrompendo la sua discussione col Valli). No; riferivo anzi una sua opinione al signor Valli.
Pantini. Quale? Ne ho tante!
Dara. Questa: La vita è una malattia di cui si guarisce con la morte.
Valli (al dottore). Suppongo che non sarà essa il rimedio da lei usato più spesso.
Pantini. Ah! su questo punto... i miei malati non la vogliono intendere, e guariscono quasi tutti.
Serena. Non è vero, perché, secondo lei, i suoi malati dovrebbero guarire finendo di vivere.
Pantini (ridendo). Ah! Ah! Già! Ah! Ah!
Serena. Quel benedetto babbo! Vado a vedere. (esce dall'uscio in fondo).
Valli (al Dara). Ma, giusta le sue teoriche — per riattaccare il discorso — ci dovrebbero essere al mondo soltanto due classi: quella, la più numerosa, di coloro che non debbono far altro che lavorare; e quella, la più eletta, come lei si esprime, destinata unicamente a godere del lavoro degli altri.
Dara. Sì, caro signore. Godere la vita è un'arte e anche — e più — una tradizione. I soli ateniesi ne hanno posseduto il segreto. Se non dovesse esserci una classe destinata a godere di tutti i benefici del lavoro altrui, la società non avrebbe più nessuna ragione di esistere. E, infatti, non ne ha più alcuna ormai!
Pantini (sorridendo). Lei dunque sarebbe un cliente modello, da lasciarsi guarire a modo mio.
Valli. Anzi non capisco come non si sia già guarito da sé. Simili teoriche sono fatte a posta per disgustare della vita.
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