LUIGI CAPUANA
FANCIULLI ALLEGRI
DAL LIBRO: Leo era tornato in casa tutto contento. In premio dei buoni esami, il babbo lo aveva condotto alla inaugurazione della statua di un grand'uomo, di uno con tanto di barba — egli diceva ai fratellini e alle sorelline, non ricordandosi il nome — e d'una donna seduta lì sotto, con un bambinone nudo d'accanto. Che folla! Ministri, Senatori, Deputati! Bandiere e bande!... Signore alle finestre e ai balconi!...
Fratellini e sorelline stavano a sentirlo a bocca aperta, invidiandolo.
— Ora giocheremo alla statua! — egli conchiuse.
Durante la cerimonia non aveva pensato ad altro. Gli era balenata quasi subito quest'idea appena arrivato colà, e per ciò aveva osservato attentamente ogni particolare per poterli rifare tutti con precisione; sarebbe stato un gioco nuovo!
— Andiamo in giardino; vi spiegherò ogni cosa... Ma prima chiamiamo i Solerti.
I Solerti abitavano al terzo piano, ed erano i loro immancabili compagni di chiasso.
Nei mesi delle vacanze passavano le giornate insieme nel giardinetto di casa Tomelli; spesso venivano i fratelli Bossi, e anche le ragazzine Sfrattini, amiche e compagne di scuola di Gina e Lora. I genitori dei Tomelli volevano che i loro bambini si divertissero molto dopo aver studiato quanto occorreva, e per ciò li secondavano volentieri nei loro capricci di chiasso. Qualche volta mamma e babbo prendevano parte ai loro divertimenti, e ne inventavano pure qualcuno quando i bambini si trovavano a corto di novità.
Quel giorno la compagnia era completa in giardino, e la buona signora Tomelli stava a sorvegliarla dalla terrazza, interrompendo di tratto in tratto la lettura d'un libro nuovo, comprato dal marito il giorno avanti.
I Solerti, Carlo, Nina ed Eugenio, erano accorsi subito alla chiamata. I Bossi, Giulio e Armando, erano stati condotti dal loro babbo; la signora Sfrattini, fatta una visita alla sua amica Elena, aveva lasciato Laura e Clelia, che la cameriera sarebbe venuta a riprendere fra qualche ora. Tra le aiuole fiorite, quei fiori viventi che correvano, s'inseguivano, ridendo e gridando, riempivano di commozione e di piacere il cuore della gentile signora sdraiata indolentemente su la poltrona a dondolo. Lo spettacolo era così bello, così rallegrante, che la lettura, interrotta da lunghi intervalli, procedeva lentissimamente.
Leo, in un canto, spiegava ai fratelli Bossi il nuovo giuoco da lui inventato.
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