CARLO GOLDONI
PAMELA NUBILE
Ora che non vi è madama Jevre, posso piangere liberamente. Ma queste lagrime ch'io spargo, sono tutte per la mia defunta padrona? Io mi vorrei lusingare di sì, ma il cuore tristarello mi suggerisce di no. Il mio padrone parla spesso di me; mi nomina col labbro ridente. Quando m'incontra con l'occhio, non lo ritira sì presto; m'ha dette delle parole ripiene di somma bontà. E che vogl'io lusingarmi perciò? Egli mi fa tutto questo per le amorose parole della sua cara madre. Sì, egli lo fa per questa sola ragione; che se altro a far ciò lo movesse, dovrei subito allontanarmi da questa casa; salvarmi fra le braccia degli onorati miei genitori, e sagrificare la mia fortuna alla mia onoratezza. Ma giacchè ora son sola, voglio terminare di scrivere la lettera, che mandar destino a mio padre. Voglio farlo esser a parte, unitamente alla mia cara madre, delle mie contentezze: assicurarli che la fortuna non m'abbandona; che resto in casa, non ostante la morte della padrona; e che il mio caro padrone mi tratta con tanto amore, quanto faceva la di lui madre. Tutto ciò è già scritto; non ho d'aggiungere, se non che mando loro alcune ghinee lasciatemi dalla mia padrona per sovvenire ai loro bisogni. (cava di tasca un foglio piegato e dal cassettino del tavolino il calamaio, e si pone a scrivere) Quanto vedrei volentieri i miei amorosissimi genitori! Almen mio padre venisse a vedermi. È un mese ch'ei mi lusinga di farlo, e ancora non lo vedo. Finalmente la distanza non è che di venti miglia.
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